CLN logo

Quarta dose e propaganda continua

bandiera CLN RESISTENDUM tricolore

Carissimi lettori,
in qualità di responsabile del Dipartimento Salute del nuovo Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e di rappresentante sindacale FISI per la medicina territoriale, mi sento in dovere di rispondere, grazie al prezioso contributo del dr. Mauro Mantovani – Direttore Scientifico dell’ IMBIO e Specializzato in Bio-Immunologia, autore e co-autore di varie pubblicazioni (ed alcune in “pre-print” proprio sull’immunita’ verso SARS-CoV-2) – ad un articolo del giornale “La Repubblica” pubblicato l’11/07/2022, dalla giornalista Elena Dusi, relativamente ad affermazioni di un immunologo, definito esperto dalla stessa giornalista, il dr. Guido Forni, insegnante dell’ateneo di Torino e dell’Accademia dei Lincei.
Dopo due anni e mezzo di cure negate, la propaganda vaccinale, aggressiva e indiscriminata, continua ad apparire nei discorsi di questi esperti, come l’unico strumento per fronteggiare la “cura” contro il virus. Infatti è solo recente il risveglio di tanti colleghi che, finalmente, si sono convertiti a protocolli farmacologici di buon senso per la cura della Virosi Sars Cov 2 e della Malattia Covid 19 – protocolli conosciuti almeno da quando vi fu la prima epidemia di Sars – caratterizzati dall’utilizzo di anti-infiammatori, sia FANS sia Steroidei, antibiotici per le sovrapposizioni batteriche e integratori di tipo antiossidante o dalle proprietà antivirali. Nonostante questa campagna vaccinale martellante, che ha condotto milioni di persone agli Hub vaccinali, abbiamo assistito comunque ad una diffusione enorme dell’infezione che, in taluni casi, si è ancora rivelata per molte persone – peraltro per lo più vaccinate – non proprio una passeggiata. Appare chiaro, quindi, a tutti quelli che vogliano utilizzare la razionalità in modo sano e in buona fede, che questo prodotto farmacologico sperimentale (tecnologica genica a mRNA) chiamato – da questi esperti – vaccino (un vaccino dovrebbe per definizione impedire la diffusione di un’infezione grazie alla produzione di anticorpi neutralizzanti l’antigene, non limitare l’intensità di una malattia infettiva) è stato fallimentare, volendo anche considerare il bilancio fra rischi e benefici (grande numero di reazioni avverse gravi, fino al decesso). Riporto qui sotto uno stralcio della pagina del giornale in cui è stato pubblicato l’articolo e di seguito la risposta, precisa e di grande valore scientifico del dr. Mantovani.
Buona lettura e buona diffusione!

Dr.ssa Erminia Ferrari
Responsabile Dipartimento Salute Comitato di Liberazione Nazionale.

quarta dose vaccino

The fact that antibody levels are falling doesn’t mean we haven’t got a memory response.

[Sheena Cruickshank, University of Manchester]

L’immunità NON si misura a compartimenti stagni o singolarmente su un antigene.

Chi parla di immunità verso un antigene e/o un agente infettivo prendendo in esame SOLO il dosaggio degli anticorpi circolanti è “distributore” di falso ideologico e ignorante in materia (o comunque mostra tale ignoranza anche se magari non lo è, il che è anche peggio…).

Immune deriva dal latino “Immunis”, libero da un “qualcosa”

Questa libertà può assumere tanti significati che vanno dall’eliminazione dell’agente infettivo – nel caso che questo agente sia per esempio “citopatico” – alla tolleranza dello stesso agente infettivo sotto varie forme (soprattutto nella sua componente genomica).

Il sistema immunitario “riconosce” un codice insito nell’agente potenzialmente patogeno per l’ospite. Questo codice può essere all’interno della stringa genica di appartenenza dell’agente infettivo o far parte della struttura dell’agente infettivo medesimo.

Le cellule del nostro sistema immunitario funzionano all’unisono (“United we win”). Cellule infettate dall’agente infettivo (il quale ha superato o eluso le cellule del sistema innato e le barriere mucosali con i suoi prodotti antimicrobici innati ed aspecifici, vedi ad esempio una

molecola come la lisozima prodotta a livello orofarinego) fanno partire dei segnali per la disattivazione del virus – nel nostro caso – e contemporaneamente producono dei segnali (mediatori) che reclutano altre cellule più specializzate per far fronte all’invasione dell’estraneo e in qualche modo reagire.

Nel contempo esprimono dei peptidi su recettori che vengono riconosciuti da queste cellule più specializzate per poi fornire la risposta adeguata.

In tutto ciò vi è anche l’ingaggio di cellule che modulano la risposta (freni del sistema immunitario e dell’infiammazione) che evitano una up regulation dello stesso sistema immunitario, riuscendone quindi a bilanciare sempre l’attività e impedendo che il sistema giunga al totale collasso (come nel caso, ad esempio, della tempesta di citochine infiammatorie).

Da questo sistema complesso, ogni cellula che interviene nella risposta e che fa parte soprattutto del sistema adattativo o specifico (Linfociti B e T) produce MEMORIA IMMUNOLOGICA.

Anche la memoria immunitaria non è relegata a una sola tipologia di cellula ma a diverse tipologie e sottopopolazioni, anche del tipo staminale che durano TUTTA LA VITA.

E’ dimostrato, da una serie di lavori tra il 2011 e il 2019, come anche le Cellule B e i relativi anticorpi siano responsivi dei mutanti relativamente ad un agente infettivo, proteggendo di fatto l’organismo a pieno titolo.

Per non parlare dei Linfociti T, molto più numerosi e diversificati, sottolineando che ogni sottoinsieme fa memoria (Th1, Th2, Tfh, CD8 CTL, ecc…).

Il peccato originale antigenico è stato già osservato, ma è stato anche osservato che proprio i Linfociti B producono dei cluster (quindi delle piccole popolazioni) di Linfociti di memoria adattativi ad eventuali varianti che si dovessero presentare. Quindi il problema NON si pone.

Da qui, il senso dell’eventuale vaccinazione potrebbe derivare soltanto dopo un’analisi completa ed accurata dell’immunità di un soggetto (cosa che non si è assolutamente verificata in questa aggressiva campagna vaccinale contro la Covid ).

È stato anche accertato che le persone che sono immuni possono avere delle anomalie nel FUNZIONAMENTO del sistema immunitario (quindi pur essendo protetti) e che a causa di queste MUTAZIONI su recettori – citochine e/o proteine di trasduzione del segnale – possono andare incontro ad un’immunopatologia, che nessun farmaco o vaccino può essere in grado di prevedere e/o ristabilire.

Il primo obiettivo di un vaccino dovrebbe essere quello di fermare l’infezione e la trasmissione dell’agente infettivo. Nel caso del vaccino anti SARS COV 2 non è stato così. Infatti, l’agente infettivo continua a circolare con migliaia di varianti, di cui molte scaturiscono sia dalla pressione selettiva mendeliana (è una legge e non una teoria, per cui è indiscutibile), sia dalla stasi immunologica, che, per effetto della continua e reiterata presentazione del medesimo antigene, perde la sua capacità di adattabilità e diventa specifica per un antigene che ormai non c’è più (la proteina spike di Wuhan-1).

L’anergia del sistema non più adattativo, porta ad una affinità per antigeni su regioni conservate della spike (comuni a tutte le varianti) che, guarda caso, abbracciano determinanti antigeniche in completa omologia (eptameri) con proteine umane, scatenando potenzialmente reazioni autoimmunitarie sia da cellule T cross-reattive che auto-anticorpi.

Ricordiamo, inoltre, che la forza – quindi l’intensità – e la maggior affinità verso un antigene da parte dei Linfociti B in sede follicolare (centri attivati a livello del tessuto linfatico del nostro organismo) verso le FDC (Cellule Dendritiche Follicolari) determina la buona riuscita della formazione di quei cluster di cui parlavamo sopra di adattamento, quindi, ad eventuali varianti.

Questa reazione immunitaria continuamente indotta dalla presentazione a stretto giro con lo stesso antigene non riesce ad imprimere quell’input di formazione di Linfociti di memoria adattativi e quindi si perde, così, quella possibilità di essere immuni anche ad eventuali varianti virali (ecco perché ci si continua ad infettare, nonostante ci si sia vaccinati).

Ecco che il peccato originale antigenico prende sempre più il sopravvento (cicli vaccinali effettuati ogni 4 mesi, sempre con lo stesso tipo di vaccino a mRNA e codificante sempre per la stessa proteina spike), determinando una ingessatura del sistema specifico che sarà sempre più specifico e meno, appunto, adattativo.

Tutto questo processo è molto ben descritto e anche allertato da molti articoli scientifici. La rivista scientifica The Lancet ha pubblicato articoli che si sono espressi molto bene e chiaramente in tal senso, suffragando per l’ennesima volta questo importantissimo concetto.

Continuando ad insistere nelle modalità a cui stiamo assistendo, complice un certo tipo di informazione mediatica a buon mercato, si ha un crollo pressoché verticale dell’immunità e non solo verso l’agente infettivo in questione ma verso qualunque altro, con inversione

della capacità di risposta immunitaria, che diventa negativa rispetto a chi invece non si è sottoposto a tutti questi cicli vaccinali (vedi il boom delle infezioni da Herpes Virus, da Virus Epstein Barr e incremento di sepsi urinarie da Escherichia Coli).

Il sistema immunitario lavora sempre all’unisono e l’immuno-deficienza acquisita o indotta, in questo caso, imprime un marchio sull’individuo da cui è difficilissimo tornare indietro. Infatti, questi prodotti farmacologici, a lungo andare, hanno un segno distintivo: producono il blocco dell’interferone di classe I e/o di classe III. Queste sostanze (citochine) sono ESSENZIALI per la risposta immunitaria e non solo dal punto di vista infettivo, ma anche neoplastico.

L’individuo che presenta il blocco dell’interferone per tutta la durata del costrutto vaccinale è “nudo” dal punto di vista immunitario.

Anche qui non c’è da discutere, in quanto questo prodotto farmacologico è stato ideato – proprio e anche – per questa peculiarità, in quanto la limitazione della risposta dell’interferone è funzionale al mantenimento del costrutto vaccinale che diversamente verrebbe riconosciuto e demolito dalla cellula stessa che l’ha ingaggiato. Infatti, da sempre, non si vaccina durante una pandemia. Non ha senso ed è anche potenzialmente pericoloso.

I virus, soprattutto quelli a RNA, si adattano (insieme al nostro sistema immunitario) alla nuova fitness, creando un sistema mutualistico con l’ospite.

Tutto ciò dipende sempre da noi! il sistema immunitario funziona in base ai principi della tolleranza e dell’unione: due cose che probabilmente abbiamo perso.

FORSE DOVREMMO IMPARARE UN PO’ DI PIU DAL NOSTRO SISTEMA IMMUNITARIO ED OSSERVARLO NEL SUO INSIEME.

Dr. Mauro Mantovani