È arrivata poche ore fa a Trieste la portaerei americana Truman. Teoricamente, rimarrà in rada soltanto pochi giorni per una “sosta tecnica operativa” dopo un periodo di due mesi di esercitazioni nel Basso Adriatico e nello Jonio con l’aviazione militare greca. La portaerei è stata ancorata al largo per motivi di pescaggio e perché l’area di attracco è già occupata da portacontainer. Dalla nave militare sono sbarcati 4mila marinai rimasti affascinati dalla bellezza della città di Trieste. “Si tratta di un’occasione importante per dare concretezza alla collaborazione tra la Marina americana e quella italiana”, ha commentato l’assessore regionale alla Sicurezza, Pierpaolo Roberti.
Collaborare a quale fine? Dove vuol arrivare questa nave che sosta in acque italiane? Dove vuole arrivare la NATO? E cosa sta difendendo oggi, più di ieri?
L’essere liberati da altri già lo sosteneva Manzoni nell’ Adelchi: “è la più passiva delle riscosse.
In realtà apre alla schiavitù del “salvato” nei confronti di chi lo ha, spesso, solo apparentemente, tratto in salvo. È ultraumano il concetto di “azione disinteressata”, figuriamoci se può essere un concetto applicabile ad una nazione, ad uno stato, ad un popolo (vuote parole per nominare il vuoto, come hanno sottolineato molti pensatori, concetto che condivido). Sì, ma dobbiamo essere solidali con chi lotta. Anche il termine “solidarietà” ha, ad analizzarlo, nuances inaspettate: deriva nientemeno che dal latino giuridico. Pagare in solidum per i romani indicava l’obbligo contratto da una persona, appartenente a un gruppo di debitori, di pagare interamente il dovuto. La persona solidale era strettamente vincolata ad altri in un legame di interdipendenza. L’aggettivo “solidus” — da cui deriva il sostantivo “solidum” – aveva anche il significato di pieno, intero, oltre a quello di solido e robusto. Il pagamento in “solidum” era quindi un pagamento completo. Intesa in tal senso la solidarietà è, da sempre, scambio. Non è, dunque, sinonimo di altruismo. E, in uno scambio tra un vincitore e un vinto, chi può soccombere in definitiva? Aggiungendo al semplice scambio la gratitudine per la salvezza, chi viene liberato non può certo essere alla pari. È uno spostamento della sconfitta: ci si consegna al nemico del proprio nemico, in effetti.
La Nato nasce all’indomani della seconda guerra mondiale come patto difensivo di sei stati: USA, Canada, Regno Unito, Francia, Norvegia, Germania e Italia, proprio contro quella paura che, oggi, è l’argomento fondamentale di chi, nella vicenda Russia-Ucraina, si schiera contro la Russia: la paura che l’altro vincitore, la Russia appunto, potesse non accontentarsi della spartizione territoriale stabilita dai vari trattati postbellici e continuare ad avere mire espansionistiche sui territori che erano riuniti all’ ombra dell’egida salvifica degli Stati Uniti d’America. La NATO nasce, dunque, già con quella che prosaicamente potremmo chiamare “riserva mentale” e cioè un concetto di azione preventiva: attribuendo, sin da subito, una intenzione alla Russia. La stessa paura che vedeva la possibilità dell’espandersi del comunismo come il male assoluto, avendo, invece derubricato il nazismo e il nostrano fascismo ad una anomalia patologia isolata, impossibile da replicare. Da stigmatizzare nella giornata della memoria, nei programmi scolastici e in tutte le produzioni artistiche come il Male, e certamente lo è stato. Quindi se da Oriente veniva il diavolo in persona, il comunismo che mangiava i bambini, l’Occidente, per contro, aveva solo fatto un grave errore, che nemmeno poteva identificarsi con la Germania ma aveva una sua esatta incarnazione: Hitler, dal quale anche Mussolini si era fatto surrettiziamente irretire. Questo voleva dire isolare il problema, mentre più diffuso e impersonale era il Comunismo, questa nera, incombente, nebbia fumosa che mai poteva accostare uno Stalin a un Hitler. La Russia stessa era il male, quel male dal quale l’Occidente, con la morte di Hitler, si era depurato per sempre.
Ma il rimosso agisce più di ciò che si vuol trattenere come memoria, e bisogna dimenticare, lavare le vesti nelle acque del Lete, per poi poter ricordare veramente. Va da sé che mentre ci insegnavano la memoria del Nazismo, in realtà prendeva corpo quella commistione e sintesi alla quale oggi siamo giunti del comunismo capitalista. O di un capitalismo di Stato. E mentre la paura del comunismo si inverava accanto al suo contrario, il vero rimosso, nel costante stigmatizzato ricordo, il nazismo, riprendeva corpo. Fino alla completa sintesi delle tre forze che oggi sono abilmente mosse dai poteri finanziari: capitalisti di per sé, nazisti nello sterminio del diverso da sè, comunisti nell’asservire le masse, in cui l’individuo è il consumatore, che mediante lo stato di povertà sostenibile, dovrà essere condizionato dal monopolio delle produzioni di questi signori della finanza. Questo oggi è il corpo e l’anima di quel patto atlantico che preventivamente attribuiva alla Russia il male che oggi trova invece la sua personificazione, il suo capro espiatorio in Putin, così come era stato possibile per Hitler. Ed in effetti il gioco sta tutto in questo individuare il male come qualcosa di eliminabile: si può eliminare una persona non una entità astratta. Perché poi taluni e non altri si prestino a questo incarnarsi dello spirito della storia come Hitler e Putin, resta un mistero, che pure, parzialmente, si può tentare di rintracciare nelle singole biografie inserite nelle congetture economico, politico, sociali del momento in cui si svolgono. Sta di fatto che ciò che resta di tutto questo è la transunstanziazione storica, che si nutre della linfa economico-finanziaria: l’Occidente aveva una sua personificazione del male in Hitler che oggi passa a Putin, mentre la Nato eterea ed impalpabile resta senza macchia, anzi diventa il simbolo dell’aggregazione contro un nemico tangibile. Il virus, che era stato il nemico invisibile, ha trovato, in definitiva, il suo ospite da annientare tutti insieme appassionatamente. Non poteva restare un bersaglio mobile per le coscienze delle masse troppo poco o per troppo poco sensibili ad astrazioni. Del resto cosa ne sarebbe stato del gas russo ora, o del petrolio della Libia, prima, con la corsa al Green partita da Davos? Una realtà che smaterializzati denaro e corpi, deve esser corpo del denaro?
E, dunque, al suono del tintinnio di catene mai spezzate possiamo fingerci pazzi e metterci a cantare ancora: oh Partigiano portami via o bella ciao, bella ciao ciao ciao, mentre sventoliamo la bandiera della Nato tacciando di Nazismo Putin. È la zuppa del casale il nuovo che avanza, ora ormeggiato a Trieste.
– Isabella Tafaro